Jazz Identity


Limonaia di Villa Vogel, Firenze, Settembre 2018

Mostra fotografica Deaphotoexpo

"Jazz Identity" della fotografa Elisa Heusch

La centralità della musica nella vita di Andrea Pellegrini



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La musica nella mia vita ha da sempre un ruolo assolutamente centrale e prioritario, sia per quanto riguarda la storia della mia famiglia e le mie origini, sia per quanto riguarda le mie scelte e le mie esperienze di vita anche più recenti. Non mi ha praticamente mai abbandonato questa centralità della musica…

Andrea Pellegrini, musicista Jazz, compositore ed insegnante, dedica la sua vita alla produzione e diffusione di questo genere musicale con immensa passione e dedizione che si tramandano ormai da sette generazioni.

“…la parola Jazz per me ha sempre coinciso con la parola musica… musica per me è identità, è vita, è il quotidiano (…) Sia che io faccia lezione al conservatorio, o in una piccola scuola di musica, o nel mio Jazz-Lab, sia che parli coi miei figli di musica, o che io suoni o scriva musica, al centro c’è sempre la “palla di fuoco”, cioè quel tipo di emozione che io non posso far a meno di coltivare, di donare, e di trasmettere il più possibile agli altri”.

Ho seguito per due mesi Andrea in vari suoi momenti ed esperienze professionali, partecipe della sua passione. Le sue note trasmettono vibrazioni profonde, testimonianza di una perfetta coincidenza tra il suo mondo artistico e la sua sfera più intima e privata.

Elisa Heusch

https://elisaheuschphotographer.wordpress.com


Testo integrale

Jazz Identity

Andrea Pellegrini – Intervista di Elisa Heusch

Livorno, dicembre 2017

La musica nella mia vita ha da sempre un ruolo assolutamente  centrale e prioritario sia per quanto riguarda la storia della mia famiglia, le mie origini, sia per quanto riguarda le mie scelte e le mie esperienze di vita anche più recenti. Non mi ha praticamente mai abbandonato questa centralità della musica, tranne che per un periodo stranissimo di circa dieci anni, perché improvvisamente quando ero ragazzino persi il mio babbo che mi lasciò quando lui aveva 52 anni e io circa 13, e siccome era un po’ lui quello che in casa era il simbolo della musica - ci faceva suonare e giocare con la musica quando eravamo piccoli e aveva instaurato con noi un rapporto bellissimo basato sulla musica - sparendo dalla nostra vita improvvisamente in maniera molto dolorosa lui, anche la musica, in maniera altrettanto traumatica e anche un po’ misteriosa, perché lì per lì non me ne resi conto, sparì. Quindi per circa dieci anni la musica è sparita dalla mia vita completamente; altrettanto misteriosamente è riapparsa dieci anni dopo quando, passando in Via Marradi al vecchio Conservatorio Mascagni, sentii qualcuno che faceva degli esercizi su un rullante e questo rinfocolò qualcosa che covava sotto la cenere; quindi mi iscrissi a un corso di Percussioni, cosa che poi ho abbandonato dopo 4-5 anni... fatto sta che sono rientrato nel mondo della musica, mi sono messo a suonare Jazz, poi a insegnare, poi a suonare professionalmente.

A parte quella strana parentesi, la musica è assolutamente centrale ma non soltanto perché è il mio lavoro, la mia passione, la mia gioia, il mio divertimento, ma perché è proprio il mio modo di guardare la vita, di guardare tutto quello che esiste attraverso le vibrazioni, le emozioni dove questa parola non deve significare qualcosa di astratto, di vago o di iper-romantico ma qualcosa di veramente e assolutamente fisico e reale.

Diciamo che la parola Jazz per me ha sempre coinciso con la parola musica, quindi non farei una grossa divisione tra questi due termini per quanto riguarda la mia storia; questo non vuol dire che io non conosca il resto, anzi lo amo, lo conosco, lo apprezzo, l’ho praticato: in casa mia, sia in senso orizzontale quindi i miei fratelli, cognati, cognate, sia in senso verticale fino a sette generazioni fa, quindi la fine del’700, abbiamo praticato tutti gli stili di musica: dal Barocco, al Rock più duro, dai cantautori, al Jazz, alla Classica, alla Lirica, tutto quello che esiste. Questo secondo me è un patrimonio immenso, tanto che io considero un tratto identitario della mia famiglia più la musica dello stesso cognome, perché il cognome andando indietro nel tempo si fonde con il cognome Vianesi, in qualche modo lo stesso cognome nel senso di trasmissione di una linea genetica attraverso i babbi non identifica del tutto la mia famiglia; per identificarla bisogna andare di più trasversalmente a volte anche nel cognome delle mamme o della donna in modo che si costruisce questo strano filo rosso che arriva fino al 1799.

Quindi musica per me è identità, è vita, è il quotidiano.

Da un giorno all’altro, da una sera all’altra, a seconda di quello che mi succede in un concerto, in una prova, in un soundcheck, in una lezione, in una qualsiasi esperienza può accadere qualcosa che mi fa cambiare il mio rapporto con la musica, forse non drasticamente o non completamente, però ci sono degli aggiustamenti di tiro continui; questo però riguarda una metà del mio rapporto, l’altra metà, che è forse la parte più intima, ti assicuro che non è assolutamente mai cambiata: io provo verso la musica e verso alcuni aspetti della musica, soprattutto il ritmo, provo le stesse emozioni, e me lo raffiguro nello stesso modo identico di quando avevo 4-5 anni e me lo ricordo perfettamente.

Sono molto arrabbiato con la mia città, sono molto insofferente, molto deluso e credo che questa città sia impazzita, abbia perso intanto completamente la propria identità, sia una città ormai da molti decenni in crisi profondissima di identità. Il livornese (ma sono nato a Genova) viene al mondo e non sa chi è, non sa cosa fare, non sa cos’è: è un uomo di mare? È un uomo di collina? È un uomo di pianura? È uno sportivo? È un artista? Non si sa chi siamo! Questa è una crisi che attanaglia secondo me le persone che vivono in tante medie città italiane, però nella nostra città questa cosa è particolarmente forte e devastante... Non c’è di più facile a Livorno che sprecarsi, è la città dove è più facile sprecarsi, cioè buttare via la propria esistenza; c’è una schizofrenia assurda tra una rabbia, un’aggressività, una cialtronaggine, e un’ignoranza proverbiali; l’aggressività e la mancanza di rispetto delle norme più semplici della convivenza civile che si vede a Livorno non la vedi nelle periferie delle grandi città dei paesi poveri né in nessun’altra parte del mondo, una cosa arrivata a un livello insopportabile che però contrasta con un “nulla” che accade; poche persone di buona volontà trasversalmente che provengono da diversi ambienti della politica, delle confessioni religiose e del volontariato fanno delle cose ma vengono immediatamente aggredite da questo “blob” enorme che cerca di inghiottirle, e la vita di chi cerca di combinare qualcosa di buono per sé e per gli altri è difficilissima. Quindi figuriamoci le arti, che sono le cenerentole di tutte le energie, di tutti i finanziamenti eccetera, figuriamoci la musica, figuriamoci il Jazz.

Tutto per me nasce da un’emozione potentissima, indimenticabile, che dopo 50 anni non è diminuita di un grammo, dovuta alle esperienze familiari precoci, molto intime, condivise con i miei fratelli e la mia famiglia, di grande qualità, ecco che allora quella “palla di fuoco” io me la porto dentro ovunque: quindi che io faccia la Masterclass per gli allievi dell’Università di Melbourne, che io faccia lezione al conservatorio, o in una piccola scuola di musica, o nel mio Jazz-Lab o che parli coi miei figli di musica, che io suoni o che scriva musica, al centro c’è sempre la “palla di fuoco”, cioè quel tipo di emozione che io non posso far a meno di coltivare, di donare e di trasmettere il più possibile agli altri; è quella che alcuni musicisti insieme a me chiamiamo “la COSA”: Quando ascoltiamo un musicista di un certo tipo diciamo “Lui ha la cosa!” E può essere un musicista che suona il liscio, il rock, il pop, la lirica, la classica, il jazz, ma quando senti che un musicista è naturale, è motivato, parla di sé, è sincero artisticamente ed espressivamente: lui ha “la cosa” (...) Io ho questa strana cosa di avere “la cosa”.