Andrea Pellegrini

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Ocra

 

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Andrea Pellegrini, Mirabolanti avventure di un jazzista


"Geniale!" (Enrico Rava)

Livorno, Erasmo, 2014 ISBN 978-88-98598-13-7 Pagine 87

(+ Cd Modigliani - Il tratto, l'Africa e perdersi, Erasmo Edizioni - Il Poderino della Gioiosa, con Quintetto di Livorno, Tino Tracanna sax, Tony Cattano trombone, Andrea Pellegrini pianoforte, Nino Pellegrini contrabbasso, Michele Vannucci batteria. Musica di Andrea Pellegrini ispirata ai quadri e alla figura di Amedeo Modigliani)

 

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©     Andrea Pellegrini, Erasmo Edizioni, Livorno

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C'era una volta una grande casa dalle pareti color ocra. Papà tornava ogni sera dal lavoro, da un lavoro misteriosissimo che voleva dire andare in un posto lontano, non proprio “a Pisa” ma “quasi a Pisa!” a fare cose che non capivo con gente con la cravatta scura, cose che erano in qualche modo collegate a un suo dovere atavico e al mangiare che ogni sera appariva sulla tavola circondata da 4 bimbi affamati e da una grande mamma felice. Per Natale il mio babbo ci regalò un pallone.

 

Non mi mancava niente. Il pallone, la musica e il mio babbo che non c'era mai eppure ero io. Quando comprammo il nuovo servizio di piatti e bicchieri marroni in vetro infrangibile mi pareva di aver messo piede sulla Luna, anch'io come quegli strani ometti che intravidi dalla Tv (ma Tito Stagno, con i suoi occhialoni quadrati proprio come la Tv, mi colpì di più della Luna). Il vetro infrangibile, “incredibile, pazzesco!” pensai: pensa cosa riesce a fare papà, a comprare un vetro che non si rompe: sì, fa bene a lavorare tanto se puo' comprare questa meravigliosa diavoleria. E poi, anche se lavora tanto, la sera suoniamo e passa tutto.

Mai una sola volta mi sono fermato a cercare di capire chi diavolo avesse insegnato a suonare al mio babbo: mai. Ci ho pensato solo da grande. Quella cosa lì non si insegna, pensavo. Non è scuola: è musica. Si fa, si fa insieme, e basta. Non si insegna e non si impara. Ci credevo. Ci credo ancora.

Quella casa dalle pareti ocra era sempre piena di musica. Così piena e così spesso da far credere ai suoi piccoli abitanti che la musica fosse una cosa normale. Così tanta, così tanta.

Credevo più alla musica che a Dio, più alla musica che a me stesso. Non avevo il coraggio di ammetterlo, ma credevo più alla musica che alla mia mamma. La mia mamma era un personaggio di una storia, come me; la musica era la storia. Papà era la storia. Perchè suonava.

Sognando cantavo con le dita. Avevo freddo e non ci badavo, avevo fame e non la sentivo. Ogni cosa bella e brutta la vedevo arrivare da lontano, la sentivo arrivare e la schivavo. Niente mi toccava, niente mi accadeva. Ero immerso nella musica. Non era una fuga. Era la vita. Era il resto, a essere una fuga. Erano gli altri a avere paura. Non credevo di scappare dalla vita per rifugiarmi nella musica: erano gli altri a scappare dalla musica credendo, così, di sopravvivere. Allora come oggi. Sentivo Gilbert Becaud e l'Hanon, Sinatra e Verdi, Carosone e Chopin. Li sentivo più del vento, più dell'acqua del bagno, più del cuore che batteva. Se batteva per Chopin, credevo che a battere fosse Chopin, non il mio cuore. Se tremavo per Debussy dicevo, non è la mia pelle che trema ma è questo strano ometto col nome da fiaba, che vibra: io in fondo non esisto, esiste lui, o meglio, neanche lui ma esiste questa roba che sento. Non capivo Dio, non capivo la mia nonna, non capivo Livorno e le moto, non capivo il calcio e il caffè. Ed ero assolutamente convinto che non sarei mai esistito se non immerso nella musica. Ora che sono grande, so che avevo assolutamente ragione.

 

Quando si ragiona con la mente di un bimbo raramente si sbaglia, perchè il bambino non muore, solo si fa da parte ma resta lì e osserva tutti quelli che vengono dopo e li scruta, suggerisce, e grida.

 

Quella casa dalle pareti ocra poi è crollata sotto l'idiota e impietoso maglio del dolore, un dolore mai compreso, mai perdonato, mai sopito, mai superato. Ma, come fumi dal sottosuolo, dalle macerie sale ancora la musica. Giuro che non so come sia possibile e ho smesso di cercare di capire.

Non so come sia possibile. Se provo a spiegarlo, la comprensione svanisce. Se vuoi spiegare la luce della candela serve il buio, non la luce. Se provo a indagare, a spiegare, mi allontano. Se mi avvicino, comprendo.

Stammi vicino amico mio. Stammi vicino bambino mio.

E' questo che mi tiene in vita. Contro l'idiozia, contro la mafia, contro le miserie è solo, esclusivamente questo. E' una cosa di cui noi per primi, noi musicisti non ci rendiamo del tutto conto: maneggiamo ogni giorno un'antica magìa. Allora rivedo, davvero!!!, il mio babbo e tutti i suoi antenati. E sono loro, e loro sono me, e so che non c'è niente da temere, neanche la morte, se non mi allontano dal fuoco sacro. Se mi allontano, non c'è niente che puo' proteggermi: prima o poi sarei sconfitto. Stammi vicino e non temere. E canta!

Ditemi cos'altro è Dio. Cos' altro c'è. Cos'altro ha senso.

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