Recensione

Enzo Gravante

La vita di un musicista è spesso mirabolante perché la musica è (forse) l'attrazione maggiore che gli uomini hanno per vivere la loro vita. Se, però, si tratta di un jazzista, le cose cambiano...eccome!!!
Cambia la visione, cambiano le aspettative, le pause, i silenzi, i giudizi, i ritmi. Si, principalmente i ritmi. Ed è proprio da questi ultimi, infatti, che il pianista livornese Andrea Pellegrini innesca una simpatica quanto approfondita autoanalisi della sua esistenza musicale e non.
"Mirabolanti avventure di un jazzista" (Erasmo Edizioni) è un metronomo piacevolmente impazzito che parte dalla famiglia e, attraverso molteplici esperienze, picchia ora sul rullante, ora sui piatti con una frenesia coinvolgente di viaggi, frasi, aneddoti simpatici e guizzanti. 
Che sia il suo eroico babbo o la mamma che adorava le canzoni francesi, la "scura" Lettonia o la Berlino dello storico muro, finanche la fondamentale Capraia... tutto il racconto risulta coinvolgente con una musicalità che suona da sola. 
Interessanti i vari ritratti di persone (su tutti il "folle" amico batterista Jenna) di cui Pellegrini si è circondato. Ma, probabilmente, i passaggi più sinceri e costruttivi della sua errante esistenza artistica e jazzistica risiedono nel candore della sua fanciullezza, i racconti sinceri dei suoi pensieri di ragazzino curioso. 
In questo libro il Jazz è onnipresente non perché a scriverlo sia stato un jazzista quanto per lo stile di vita che questa musica dà a chi è entrato nel suo tunnel. E la critica costante a molti aspetti delle nostre società occidentali malate (che nessuno vuol più curare) fatte dal protagonista fotografano un panorama triste ma reale. Uno Stato si giudica principalmente dalla centralità che dà alla cultura, alle arti. E nonostante tutto secondo noi a prevalere è sempre un ottimismo strisciante.

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Enzo Gravante (1962), pittore, è stato un giornalista professionista per 25 anni occupandosi prevalentemente di cultura e spettacoli (in particolare di musica). Alcune sue opere, infatti, sono dedicate alla Musica (ed al Jazz in particolare). A volte con riferimenti diretti, a volte attraverso un segno, un gesto che riecheggia nella memoria del suo passato abbinando spesso le note ai colori ed alle atmosfere musicali in genere.  Ha lasciato il giornalismo per un “disagio” interiore, per un vuoto da colmare, un sogno da realizzare, un sorriso da completare.  Dal 2021 firma i suoi lavori come Gravante, e non più come Zeno Travegan.

“Avevo scelto quella firma (anagramma di Enzo Gravante) — ha dichiarato recentemente in un’intervista – probabilmente, ed inconsciamente, perché non volevo lasciar andare via il giornalista coi suoi tanti anni di esperienze”.

Redattore, inviato di quotidiani, ha lavorato anche per il teatro, il cinema e il balletto. Ha scritto su Musica Jazz, Jazz, La Sicilia, L’Italia Settimanale, Set. Ha seguito circa 80 festival in Italia e nel mondo, recensito dischi, scritto note di copertina. Ha collaborato per RadioDue ai testi del programma “Jazz & Image”, curato la mostra “Il jazz tra le due guerre” (Roma, Festival Internazionale del Jazz di Villa Celimontana, 92.000 presenze). Ha scritto e condotto programmi su Radio3Rai. E' tra i fondatori della Società Italiana per lo Studio della Musica Afroamericana.
Nel 2004 ho scritto il libro “Paolo Fresu,la Sardegna,il Jazz”. E’ citato sulla Enciclopedia Treccani. Vive a Lucca.

Ha esposto in alcune collettive in Italia (tra cui una a Milano con Pino Pinelli e Marco Lodola) ed ha tenuto diverse mostre personali in Italia e all’estero. Suoi lavori sono in collezioni private di Milano, Roma, Miami, Parigi, Torino, New York, Chicago, Bordeaux, Lecco, Napoli, Hong Kong, Varsavia, Rimini, Palermo, Sassari, Bologna, Verona, Lucca, Pavia, Livorno, Trapani, La Spezia, Spoleto, Dublino.

ACCIUGHE

Ha iniziato a dipingere i pesci partendo dalla metafora del silenzio, elemento fondamentale nella ricerca di un percorso in continua evoluzione, ma anche desiderio da contrapporre ai fiumi di parole spesso inutili di questi tempi. Poi le acciughe hanno preso il sopravvento ispirandogli un piacevole coinvolgimento grazie al loro dinamismo, a quel carattere così “sfuggente” e, soprattutto, alla caleidoscopica rivelazione di mille colori e sfumature, dei riflessi veloci tra acqua e luce. Nel ciclo “Anciue” (espressione tipicamente genovese), l’artista evidenzia ulteriormente la sua produzione caratterizzata da un vero e proprio ponte tra classicità e contemporaneità. Le sue acciughe, colorate e rilucenti, nuotano anche su uno spartito d’epoca a sottolineare che anche quei movimenti, rapidi e luccicanti, hanno un ritmo, un mood. Un costante riferimento alla musica che rappresentato il suo passato.

ASTRATTO
Per me Astratto ha un suo significato ben definito, che non è il nulla come spesso erroneamente si intende. Una qualsiasi forma è come un monolite, qualcosa che è e sarà per sempre.
Poi vengono i colori che riflettono lo stato d’animo, le pulsioni, la luce da dare e da ricevere.
“Non mi chiedo mai cosa voglia dire un’opera astratta, semmai cosa possa dare, suggerire allo sguardo di chi la osserva. Perchè dover sempre definire qualcosa? Mi basta pensare che un colore, una sfumatura, anche un banale spigolo possa trasmettere un’emozione. Magari scavando nei meandri dei ricordi di ciascuno. E far lavorare di fantasia lo spettatore”.